NESSUNO MI DEVE NIENTE E IO NON DEVO NIENTE A NESSUNO di Elisa Spillare

gennaio

NESSUNO MI DEVE NIENTE E IO NON DEVO NIENTE A NESSUNO

Quando ho deciso di esprimere il mio pensiero sulla massima che intitola questo breve scritto, ho pensato che dalla mia penna sarebbero potute uscire solo affermazioni di orientamento del tutto contrario.

Fin da piccoli, infatti, in famiglia, a scuola e nella società ci insegnano che si deve ubbidire ai genitori, si deve essere buoni e non fare i capricci, si deve studiare e fare i compiti, si deve essere gentili ed educati e avanti così…

Questa “forma mentis” fa sì che pian piano si sviluppi a livello esponenziale un sentimento di DOVER ESSERE e di DOVER FARE che porta molto spesso a sentirsi in colpa se non si tiene un certo comportamento o se non si fa o non si riesce a fare ciò che la maggioranza delle persone ritiene doveroso e opportuno.

A specchio, questo sentimento ci spinge a pensare che come noi dobbiamo essere e comportarci in un certo modo, così anche gli altri debbano fare lo stesso ed è, pertanto, inevitabile rimanere delusi e, il più delle volte, irritati se ciò non accade (Caio non mi ha salutata: che maleducato!; mio figlio non mi ha telefonato per una settimana: che screanzato!; ho dato un passaggio a Tizio fino in stazione e gli ho pure dovuto offrire il caffè: che irriconoscente!; ho portato mio figlio a scuola, a calcio, a prendere un gelato e ha avuto il coraggio di lamentarsi perché a merenda non gli ho preparato il panino col prosciutto: che villano! A questo mondo è tutto dovuto!).

Adesso che sono “grande” (parolona, visto che nel mio cuore mi piace sentire ancora ardere la fiammella di spensieratezza e serenità di quando ero bambina!) sono forse più consapevole che la mia essenza è libera di essere ciò che vuole, libera di scegliere se amare, sorridere, piangere, essere gentile o sgarbata, umile o arrogante, disponibile o egoista, precisa e puntuale o inaffidabile…

Cosa accade se rispondo male a qualcuno o se mi comporto in modo tale da arrecargli un dispiacere? e se non rispetto la parola data? se non svolgo bene il mio lavoro?

A pensarci bene, se non rispetto certe regole etiche di comportamento e mi allontano da una morale di solidarietà, altruismo e sincerità faccio del male solo a me stessa… Chi vorrà più fidarsi di me o stare in mia compagnia se sono egoista e presuntuosa, non curante dei sentimenti altrui? che Clienti potrò avere se non dimostro serietà e professionalità, se non studio e non mi aggiorno?

Anche verso me stessa non posso dire di avere “doveri” perché posso scegliere se volermi bene o disprezzarmi, se aver fiducia in me o considerarmi un’inetta e buona a nulla, se prendermi cura della mia persona o essere trasandata e sciatta…

Persino le frasi più comuni: “Glielo devo per tutto quello che ha fatto per me” o “lo devo a me stessa”, che apparentemente giustificano un’azione con un obbligo, sono in realtà mosse da una volontà, che ci spinge a comportarci in un certo modo anziché in un altro.

Cosa dire, però, dei doveri dei genitori verso i figli e dei figli verso i genitori?

La legge parla chiaro: i genitori hanno il dovere di istruire, mantenere ed educare i figli (art. 147 Codice Civile).

A pensarci bene, però, il mettere al mondo un figlio è frutto di un atto di volontà o comunque lo diventa anche per coloro che inizialmente non lo avevano cercato – e quindi voluto – ma che decidono di portare avanti la gravidanza.

Nel decidere se procreare, dunque, siamo liberi e i doveri che ne conseguono sono, pertanto, frutto di una scelta iniziale che presuppone la consapevolezza dei doveri a cui si andrà incontro.

Stesso ragionamento vale per le regole che gli appartenenti ad una società devono rispettare se vogliono farvi parte. La violazione di tali regole comporta una sanzione e quindi esiste il dovere di rispettarle ma anche in questo caso il dovere è conseguente ad una libera scelta dell’individuo che per sua volontà ha deciso di far parte di una società e, quindi, di accettare le regole in essa vigenti.

Solo per i figli – forse – non si può parlare di volontà “ab origine”.

Nessuno di noi, infatti, ha scelto di venire al mondo ma è altrettanto vero che nessuno di noi sarebbe qui se non ci fossero stati i genitori a dargli la Vita.

E’ per questo che, specularmente, la legge prevede anche a carico dei figli un obbligo di rispetto dei genitori (art. 315 Codice Civile) e, se questi versano in stato di bisogno, di aiuto economico o, a scelta, di accoglienza nella propria abitazione.

Obblighi che ovviamente, non si configurano per coloro che sono stati abbandonati e che non hanno ricevuto dai genitori l’assistenza e le cure necessarie.

La libertà di essere se stessi e di decidere secondo la propria volontà è uno dei doni più preziosi che possieda l’essere umano ed è, al contempo, una grande responsabilità.

Ancora una volta, sta alla persona scegliere con che atteggiamento affrontare questa responsabilità, tenendo presente che a pensare in negativo o in positivo si fa la stessa fatica ma che, a conti fatti, il pensiero positivo migliora la qualità della propria Vita e di quella di chi ci sta accanto.

                                                                                                     Elisa Spillare – avvocato

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