“E perchè no, cuore e mente? Oppure mente e cuore? Forse così ci si toglierebbe qualche problema e si eviterebbe di imbarcarsi in altri problemi“. Ancora: “Ma quando il miracolo della coscienza sfiora la storia dell’umana realtà, sconfinati orizzonti d’innumeri meraviglie accomunano momenti e destini di milioni di mondi del pianeta“.
Queste brevi citazioni con consegnano la cifra di un volume che è come uno scrigno ricco di cose preziose, offerte nella forma di folgoranti intuizioni, aforismi, slanci lirici, affermazioni sapienziali.
Mente, cuore, coscienza: la sostanza del valore umano della dignità umana, della ‘dignità di tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, eguali e inalienabili’, come recita la Dichiarazione universale dei diritti umani.
Quanto scritto da Carlo Spillare ci accompagna sulla via di un umanesimo integrale che libera, rasserena e pacifica, la stessa via che lui ha percorso, e continua a percorrere, sull’esempio di chi lo ha aiutato a intraprendere questa via, Marcello Bonazzola.
L’autore parla di bene, libertà e amore come di altrettanti obiettivi che vanno “ricercati, scelti consapevolmente e deliberatamente realizzati attraverso azioni costruttive“. La ricerca della serenità o, se si vuole, della pace interiore di cui parla l’autore, non è dunque fine a se stessa, ma è intesa come effusione di sè nella comunità di appartenenza.
Carlo Spillare, che esercita la professione forense, intende implicitamente dire che ai classici principi della tradizionale legalità: neminem ledere, unicuique suum tribuere (non danneggiare alcuno, dare a ciascuno il suo), bisogna aggiungere un ulteriore precetto: bonum facere (fare il bene). In virtù di questa integrazione, la civiltà del diritto si incontra con la civiltà dell’amore, per esaltare la centralità della persona umana e il rispetto dei diritti fondamentali che le ineriscono. Possiamo metaforicamente usare al riguardo il Cantico dei Cantici: il Diritto buono e giusto, quello appunto che riconosce e tutela i diritti umani, è come l’amato che scioglie il suo inno d’amore all’amata, la dignità umana.
Carlo Spillare è stato anche campione di pallacanestro – molto bello, tra gli altri, il brano che ricostruisce l’inizio della sua attività sportiva -: sa che si vince se si fa gioco di squadra, trainati dal comune impegno. Nel suo essere esperto di dinamica mentale alternativa egli mette a frutto anche quella attività – pegno di perenne giovinezza: “nel piccolo Dio che è in me / c’è l’anima del ragazzo dai capelli verdi” -, e coinvolge chi ne condivide gli obiettivi come in una partita per la conquista di una trascendente identità civica, intesa quale consapevolezza di inclusione, condivisione e servizio nella comunità di appartenenza.
A certe condizioni, però: il rispetto di giuste regole. L’autore lo dice chiaramente, e qui mi verrebbe da citare Ludwig Wittgenstein: “Quanto può dirsi, si può dire chiaro”. Consapevole di civismo alto, chiarisce Carlo Spillare: “Per non suicidarmi per merito delle scelte di altri, ho deciso di mettere un recinto al mio prato. Può entrare chiunque, purchè rispetti le regole della casa, su tutte, il silenzio. Se non rispetta la regola, viene accompagnato fuori dal prato. Il tutto, naturalmente, vale anche viceversa“. Una bella immagine ecologica, dove si è invitati a muoversi in punta di piedi sia per entrare sia per uscirne.
Carlo Spillare dice di non volere essere nè un maestro, nè un esempio, pur rispettando chi lo vuole vedere in questi ruoli. Più semplicemente si propone come testimone “di ciò che sei, che vedi, che pensi, che fai e che non fai“. testimone cioè di un essere umano integrale, fatto di anima e di corpo, di spirito e di materia, che aspira alla propria libertà, innanzitutto per realizzare amicizia e amore, nel pieno rispetto dell’altrui libertà. Testimone del ‘piccolo Dio’ che è in ciascuno di noi e che può fare grandi cose, e del “ragazzo dai capelli verdi che non possiede nulla, se non la sua integrità”.
La vena lirica che percorre l’universo creativo espresso dall’autore nelle pagine di questo volume è in perfetta sintonia con la visione umanista che egli ha della vita: il ragazzo dai capelli verdi è metafora della persona umana, il cui potenziale di bellezza e spiritualità trascende spazio e tempo.
Antonio Papisca
Emeritus, University of Padua Chairholder, UNESCO Chair
Human Rights, Democracy and Peace c/o University Human Rights Centre
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